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Demetrio Stratos, una voce che continua a suonare

14/6/2022

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Si riporta la presentazione di Janete El Haouli a proposito del suo saggio su Demetrio Stratos, grande musicista, cantante, tra coloro che maggiormente hanno contribuito alla ricerca e sperimentazione vocale.
Janete El Haouli, brasiliana, si è avvicinata al lavoro di Stratos secondo un approccio scientifico che ancora non esisteva. L'autrice, musicologa di fama internazionale, sarà a Milano e in Italia dal prossimo 22 giugno per partecipare a incontri e iniziative con persone interessate a salvaguardare l'archivio di Demetrio Stratos tra cui Daniela Ronconi Stratos. A tale proposito si invita chiunque ne sia in possesso a presentare foto, registrazioni, testimonianze e tutto quanto può servire ad ampliare l'archivio rivolgendosi a freeacousticneutralarea@gmail.com 
Grazie!  
 
"Ricorrono i 43 anni dalla morte di Demetrio Stratos. Ma vive e vibra tra noi con la sua voce, il suo lavoro, i suoi contributi alla ricerca e alla sperimentazione della voce.
Dal 1993, quando ho terminato la mia ricerca all'Università di San Paolo - USP, ho diffuso il pensiero di uno degli artisti più inquietanti del 20° secolo"


- E-book in portoghese, spagnolo e inglese di Amazon.
- Libro stampato in portoghese, italiano e spagnolo (fuori catalogo)
https://www.facebook.com/TOCASTRATOS

Português | Portuguese
https://www.amazon.com.br/Demetrio-Stratos-em-busca-voz-música-ebook/dp/B088QQW4RH/ref=sr_1_1?qid=1655151898&refinements=p_27%3AJanete+El+Haouli&s=books&sr=1-1

Espanhol |Spanish
https://www.amazon.com.br/Demetrio-Stratos-busca-voz-música-Spanish-ebook/dp/B088QQWHYR/ref=sr_1_3?qid=1655151898&refinements=p_27%3AJanete+El+Haouli&s=books&sr=1-3

https://www.facebook.com/TOCASTRATOS

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Dalla “politica seria” alla “politica Cabaret”

12/6/2022

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Foto1972. La trasmissione televisva Tribuna Politica con ospiti il Senatore Amintore Fanfani democristiano e l'Onorevole Ugo La Malfa del partito repubblicano. Moderatore: Jader Jacobelli.
Quanto e in che modo lo sfondo acustico visivo dei programmi di informazione incide su fiducia e interesse nei confronti della politica?

A dispetto di ciò che si dice, di politici convinti, appassionati, ce ne sono ancora e ce ne saranno sempre. A quarant'anni dalla sua scomparsa Enrico Berlinguer, leader storico del PCI, viene ricordato come persona per bene ma soprattutto come persona schiva: questo aspetto forse ha segnato il confine tra la “politica seria” e quella dello spettacolo. Non che negli anni '60 i politici evitassero i riflettori o si esprimessero solo pacatamente ma l'audience, che aumenta quando il dibattito si fa animato, mancando la concorrenza con le emittenti private non era poi determinante: il contesto sonoro erano le voci tra di esse distinte dei partecipanti e di un moderatore che oggi si chiama conduttore visto che la “politica urlata” poco ha a che fare con la moderazione.
Verso fine anni '70 queste trasmissioni accoglievano anche attori, cantanti, showman di ogni genere. Si allargavano a temi di attualità, cronaca nera, casi umani acchiappa attenzione tra spezzoni di filmati, intermezzi satirici e consigli per gli acquisti; con un pubblico di persone comuni in sala e che telefonava da casa ponendo questioni per lo più personali. A uno di questi nuovi show Pietro Ingrao, esponente storico del PCI, con innocente spontaneità commentava positivamente l'interruzione pubblicitaria che gli avrebbe dato tempo per pensare cosa rispondere alla domanda confusa di una telespettatrice. Altri non nascondevano l'imbarazzo nel vedersi azzittiti per motivi consumistici o comunque non attinenti. A questo stravolgimento della “politica seria” contribuivano opinionisti e personaggi eccentrici, inscenanti, divenuti famosi attraverso atteggiamenti ostentati.

Esistono tuttavia uomini pubblici che hanno mantenuto una loro austerità, quasi timidezza, a partire dagli attuali Presidenti di Repubblica e Consiglio, ma anche Ministri, Onorevoli meno conosciuti, non per questo meno impegnati... Del resto in molti si chiedono dove trovino il tempo di studiare, aggiornarsi e riflettere coloro che sono sempre in onda. Quanto all'integrità morale, questa non c'entra con ciò che appare, in politica e non solo, e un po' dispiace perché verrebbe facile associare il buon gusto alla correttezza morale. Ma anche quando le immagini erano in bianco e nero e i palinsesti limitati alle emittenti RAI, la politica si prestava ai più ambigui comportamenti da parte di chi peraltro era persona colta, che andava ai concerti di musica classica e che mai si esprimeva sopra le righe.
É naturale che i mass media si siano adeguati ai tempi tuttavia, proprio perché la figura del “politico per bene” ora sembra ridotta a icona, il contesto mediatico necessita di quei segni caratteristici di sfondo silenzioso, cultura, dignità della donna col tempo venuti meno: anche se ciò non significa maggiore onestà e buona fede da parte di chi ci rappresenta, è pur sempre opportunità di selezione verso cose che magari varrebbe la pena ascoltare, eventualmente condividere, o criticare, oltre che modello di comunicazione degno di essere tale.
Troppa informazione tende a confondere, ancor più quando espressa con toni concitati e colonne sonore che distraggono dai contenuti stessi. Non dimentichiamo che l'informazione tecnologicamente mediata già impone un ascolto involontario con le televisioni nei Bar, stazioni ecc..., e anche quando si sceglie di ascoltare, l'impatto rimane invasivo rispetto alla voce naturale o alla carta stampata: perché allora non cercare di ridurlo all'essenziale?
É quello che in parte già accade nei programmi del mattino e dopo una certa ora della sera, forse perché pensati per un pubblico non più giovane, memore della politica non ancora Cabaret. 

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La comunicazione a senso unico

13/5/2022

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"La gente parla tanto senza dire niente"... "Tutti parlano nessuno ascolta"...
In tanti se ne lamentano. Ma da dove viene tutta questa ansia? Perché proprio adesso che è tanto facile comunicare a distanza? Quanto dipende dalla persona, quanto dall'ambiente? 


Identifichiamo i luoghi in cui ancora è possibile parlare ed essere ascoltati senza sforzo, così che risultino su un'apposita guida attraverso cui poterli scegliere: www.fana.one/mappa. Per segnalarli rivolgersi a freeacousticneutralarea@gmail.com, senza alcuna formalità e impegno.

Il bisogno di parlare incessantemente anziché esaurirsi in un singolo sfogo si auto riproduce, come l'appetito per un bulimico, la voglia di fumare per un tabagista. Ma anche l'ambiente fa la sua parte. Come ci si adegua ai climi, ai colori e agli scenari, così avviene con l'ambiente sonoro. Quello che attualmente fa da sfondo continuo in sempre più luoghi è caratterizzato da musiche e parole registrate, secondo un modello di comunicazione unidirezionale: la radio parla da sola e, anche se nessuno l'ascolta, continua a parlare.
La comunicazione dal vivo imita questi aspetti di non alternanza tra le parti con la frequente interruzione dell'altro, la distrazione nei suoi confronti. Come si apprende facilmente una lingua stando sul posto, così ci si abitua a parlare a voce alta (come il timbro meccanico del sonoro diffuso), a non aspettare che la frase dell'altro si concluda (come trattandosi di uno speaker alla radio): un esempio negativo soprattutto per i più giovani, che nemmeno conoscono il modello di conversazione equilibrata, simmetrica, perché gli adulti spesso si sono adeguati a quello parziale di monologo ossessivo da una parte e finto ascolto dall'altra.
Come per il sonoro di una tecnologia, lo sproloquio può durare all'infinito senza essere controbattuto. Motivi di confronto aperto su temi importanti non mancherebbero ma la comunicazione a senso unico riguarda per lo più questioni quotidiane di incombenze, attività del tempo libero, secondo una vacuità di contenuti che risale a quando la proliferazione di emittenti commerciali imponeva il modello unidirezionale a tutte le ore e non più solo nelle case. In un continuum di ascolto involontario nelle stazioni, punti vendita, fast food ecc., fino a una sorta di assuefazione sociale ora difficile da contrastare.

Crisi della politica che ha mostrato via via i suoi lati peggiori, illusione di sentirsi meno soli sfruttando le tecnologie, paura durante il Covid e adesso la minaccia di un nuovo conflitto mondiale: tante possono essere le cause che portano a parlare a se stessi e per se stessi, a non ascoltare l'altro, a non ricordare. Con la memoria che, pur restando propulsore di sapere e innovazione, si riduce a un fatto etico, celebrativo di particolari eventi storici. Ma l'ambiente, carico di rumori di fondo e suoni tecnologicamente mediati, resta la prima causa di una comunicazione interattiva che in realtà non è più tale poiché è venuto meno lo scambio tra le parti.
Eppure esistono dei luoghi condivisi come i bar e i ristoranti in cui è possibile conversare agevolmente (cosa che alla fine tutti desiderano), in assenza di colonne sonore assordanti. Ciò non risolve quelli che sono i motivi di ansia da esternazione verbale e monopolio della parola ma la comunicazione unilaterale, una volta messa a nudo dallo sfondo silenzioso, tende inevitabilmente ad inibirsi, a redistribuirsi.

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8 Maggio 2022

8/5/2022

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​Quando il giovane non ti ascolta forse è perché non ne è capace, gli mancano modelli di comunicazione attenta in ambienti acusticamente neutri,  "puliti".  
E' giusto parlare ai figli pretendendo la loro attenzione ma l'adulto a sua volta deve saper ascoltare.

Buon 8 Maggio alle madri e a tutti
​

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I maggio 2022. Lavoro e rumore

1/5/2022

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​Un pensiero a tutti coloro che al proprio lavoro devono associare lo stress da rumore: esistono professioni come nell'edilizia in cui il rumore fa parte dello stesso essere operative. Tante altre in cui il disagio viene indotto senza essere legato alla professione. Ne sono afflitti in particolar modo i commessi di negozi e supermercati sottoposti incessantemente a musiche e sproloqui a volume assordante: l'operatrice di uno di questi (parte di una grande catena di distribuzione) qualche giorno fa raccontava di tornare a casa in stato di stordimento al punto di non riuscire a parlare coi figli se non per le cose essenziali. Anche i suoi colleghi si lamentano ma, trattandosi di una radio interna al punto vendita, che trasmette spot sui propri prodotti, solo il responsabile potrebbe intervenire e costui, a sua volta, dipende da un ufficio centrale che impone un volume di suono standardizzato. Questo è uno dei numerosi casi in cui il rumore viene imposto dall'alto, attraverso fonti fisse, senza alternativa. Per fortuna ci sono anche situazioni di vendita in cui si è capito che il rumore indotto, oltre a danneggiare, non è conveniente e si è scelto di distinguersi per uno sfondo sonoro moderato: vedi FANA/Guida. Riflettiamo sulle tante situazioni di malessere che i lavoratori sono costretti a subire inutilmente: senza che il rumore sia una conseguenza inevitabile del lavoro stesso. Auguri da FANA   

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Riflettere, parlarne: il 25 aprile è anche questo. Perché quest'anno dovrebbe essere diverso?

23/4/2022

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Foto Milano, 25 Aprile 1945
Da più di un mese assistiamo alle sofferenze di un popolo invaso secondo le stesse motivazioni espansioniste che hanno caratterizzato i grandi conflitti del '900, attraverso strumenti più moderni ...non meno crudeli.
​Come già altri si sono espressi, non è questo il momento di soffermarsi su circostanze, concause, connessioni storiche peraltro legate a trasformazioni inevitabili avvenute nel tempo. Come nel '40 c'è un popolo aggressore e un altro che resiste. Allora come adesso le vittime sono i civili di uno e dell'altro perché, al di là di ogni tipologia, la guerra è guerra.
La Resistenza è stata un episodio di cooperazione tra persone di diversa provenienza e ideologia, unite contro la prepotenza, la barbarie, l'indifferenza, più volte finite con l'essere uccise, torturate, deportate. Milano ha conservato questa memoria attraverso una sempre particolare apertura ai cambiamenti sociali, accogliendo adesso nelle case i profughi ucraini, fornendo aiuti umanitari al popolo aggredito.
​Non perdiamo di vista il vero significato di episodi che vanno onorati: è importante anche per contrastare l'espandersi di opinioni sull'utilità o meno di un ente quale l'ANPI considerato che i partigiani sono ormai pochi: affermazioni che, superficialità a parte, non considerano il lavoro importante che i volontari stanno svolgendo nelle scuole per sensibilizzare i più giovani, ovunque con iniziative culturali, aggregative; pericolose perché tendono a cancellare la storia una volta che non ci saranno più sopravvissuti alle atrocità nazifasciste e di altri totalitarismi.
​La memoria non muore mai, al contrario si arricchisce grazie alla narrazione, la documentazione, il lavoro costante di organizzazioni che la tengono viva: lo stesso disappunto sulla presenza o meno di bandiere della NATO alle celebrazioni del 25 aprile, a prescindere dal contributo indiscusso degli americani per la liberazione dal nazifascismo, è un fatto di dibattito che si rinnova a seguito dei nuovi accadimenti anziché di spaccatura interna all'ANPI. Questa guerra in particolare sottolinea la fragilità di equilibri che nel tempo si pensavano consolidati, mette in discussione i grandi temi come il pacifismo e la negoziazione quale strumento di accordo in era di globalizzazione. Anche chiedersi cosa sarebbe successo se allora ci si fosse arresi alla Germania, se ora offrire armamenti al popolo ucraino possa essergli d'aiuto, confrontarsi pubblicamente su questi e altri quesiti, è frutto di libertà e democrazia: teniamoli saldi certi valori, uniti nel celebrare la storia. W il 25 aprile.

Silvia Zambrini

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Dal mondo “sublime” della musica a quello complesso della vita reale. Eclettismo culturale e personalità poliedriche dei giorni nostri

20/3/2022

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Spesso ancora si considera la vita di un musicista come qualcosa di unico, totalizzante, per certi versi esclusivo. Di fatto molti di questi professionisti allargano il proprio sapere a differenti percorsi di studio e di carriera. Ce ne parla Luca Passarella pianista, funzionario pubblico, protagonista attivo di queste vite particolari in cui, responsabilità concrete nel ricoprire ruoli importanti e ispirazione nel coltivare la propria arte, anziché ostacolarsi si sostengono l'un l'altra.

Ho sempre voluto fare più di una cosa. Sin da piccolo a Mantova (mia città natale) ero attratto dalla musica nonostante non ci fossero particolari precedenti in famiglia. Ho iniziato a frequentare il Conservatorio e intanto le scuole fino alla maturità scientifica. Per alcuni anni mi sono poi dedicato esclusivamente al pianoforte. Fare il musicista è entusiasmante ma non totalizzante: nonostante molti scrivano “art is work”, ritengo che essere sempre e solo un pianista porti a vivere un po' “fuori dal mondo”. Mi sentivo attratto da ambienti più concreti, in cui lavorare in squadra, coordinare un insieme (così come dirigere un'orchestra) secondo però obiettivi più mirati alla collettività. Ho così deciso di iniziare una nuova professione per la quale occorreva una laurea in legge; del resto fare l'università era già tra i miei programmi. Non ho però lasciato il pianoforte.
L'insegnamento per un musicista è spesso un'attività parallela a quella di strumentista o cantante.
Dopo essermi diplomato in Conservatorio ho insegnato alcuni anni nelle scuole medie a orientamento musicale ma per me era difficile attenermi a problematiche che, in una realtà complessa come attualmente è la scuola, esulavano dalla didattica vera e propria. In generale ritengo importante che chi insegna la musica sia un musicista, in grado di trasmettere emozioni che lui stesso conosce. Adoro un certo tipo di docenza come quello di educare all'ascolto di un brano classico: una cosa che ho coltivato nel tempo e che continuo a fare riunendo attorno a me gruppi di appassionati incuriositi da una conoscenza musicale più profonda.

Alcune professioni richiedono un approccio presumibilmente opposto a quello del “musicista tra le nuvole”, specie quando si tratta di strutture in cui attenzione ed efficienza sono indispensabili quali l'ospedale, il grande cantiere, l'ente di pubblica sicurezza.

La musica classica, in particolare Bach per quella perfezione della forma che lo contraddistingue, è super organizzazione, ragionamento, calcolo matematico, quindi l’analogia con impieghi in cui servono tali caratteristiche è molto forte. Ma lo stesso Bach (ecco che nulla è mai totalizzante) è soprattutto sentimento, fondamentale anche nelle professioni in cui, superficialmente, si crede sia necessaria solo l’organizzazione. Senso di piacevole astrazione durante le ore che ogni giorno dedico al pianoforte, e attenzione vigile mentre sono in servizio, si compensano e completano a vicenda.

Viene erroneamente da pensare che la musica susciti maggiore curiosità verso chi opera in ambiti disciplinari umanistici piuttosto che puramente scientifici o tecnici.

Q
uando insegnavo a scuola ho notato che i colleghi di materie letterarie, con le dovute eccezioni, non conoscevano affatto il mondo della la musica. Temo vi sia ancora un antico retaggio che mi sembra risalga al Medioevo, per cui chi suona sa muovere le mani, magari con abilità, ma senza conoscenze culturali profonde. I giovani, anche se non tutti, sono interessati a particolari generi e interpreti di richiamo sostenuti a livello mediatico per un tempo determinato. Per quanto riguarda la musica classica ancora si trascura il capitale storico, intellettuale, indipendentemente dal fatto che uno sappia suonare o meno uno strumento, anche da parte delle persone “colte”.

Studiare seriamente la musica, indipendentemente da ciò che si farà da grandi, è abbastanza una tradizione di certi paesi europei: tipico l'esempio dell'ingegnere tedesco che suona il pianoforte o altro strumento, conosce il solfeggio, l'armonia, la storia della musica.

Considero positivo questo modello perché è giusto che tale cultura faccia parte del bagaglio conoscitivo di ogni essere umano per formare una personalità completa. Se poi qualcuno decide di fare il musicista, avendo cominciato da giovanissimo, si trova già a buon punto.

In Italia invece si continua a trattare la musica classica come disciplina che richiede un approccio totale, finalizzato alla professione.

Nelle scuole primarie il tempo per acquisire una base musicale completa ci sarebbe ma spesso si ritengono la lettura delle note e l'interpretazione corretta di un brano classico troppo impegnativi per alunni abituati a contenuti più soft. Di fatto questi giovani, facilmente assuefatti all'ascolto di colonne sonore irruenti con continui cambiamenti e interruzioni, sembrano incapaci di concentrarsi interamente su di un brano (che si tratti della Classica o del Pop); ciò non toglie che poi siano essi stessi a provare soddisfazione nell'apprendere teoria e pratica musicali attraverso una didattica seria. A chi mi chiede consiglio per i figli suggerisco di procedere attraverso lo studio musicale classico di uno strumento: anche solo pochi anni sono utili per acquisire un livello che darà loro modo di capire, ascoltare criticamente, giudicare con competenza, godere di ciò che veramente merita, indipendentemente da generi musicali e gusti personali.

A condannare il bombardamento acustico in sempre più luoghi sono i musicisti stessi per il loro particolare rapporto con il suono, oltre a persone per professione attente alla tutela e benessere dei cittadini.
​

Questo tipo di ascolto è fonte disagio per chi è costretto a subirlo passivamente negli ambienti di lavoro, nei ristoranti, a casa per via dei vicini (specie di notte), e di pericolo in strada perché distrae dal contesto reale. La musica non dovrebbe mai togliere qualcosa come la lucidità, la concentrazione dove necessaria, il rispetto verso l'altro. Al contrario serve a coronare, arricchire, rendere ancora più interessante tutto il resto.

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Quando la camera da letto si trasforma in un inferno. Intervista di Silvia Zambrini a Ing. Giorgio Campolongo sui rumori del vicinato

19/2/2022

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FotoIng. Giorgio Campolongo
Sempre più difficile difendere uno dei più naturali diritti, ovvero quello di dormire serenamente in casa propria: un disagio dilagante, difficile da contrastare, crea effetti a catena nella vita di ognuno, in città come altrove. Ce ne parla l'Ing. Giorgio Campolongo, tra i maggiori esperti in acustica applicata.

Tra i molti problemi creati dal rumore (del traffico stradale, nell’ambiente di lavoro, nella aule scolastiche, ecc.) il rumore del vicinato ha la priorità su tutti gli altri. Al 95% dei casi avviene di notte, coinvolge tutto ciò che accade il giorno dopo (lavoro, studio, problemi economici, rapporti familiari ecc.). Un mio cliente, insonne a causa dei vicini, era angosciato da un possibile calo di attenzione quando al mattino doveva manovrare una gru. Da lì i litigi con la moglie e l'insonnia anche del figlio che al mattino si addormentava in classe: per un bambino la tensione tra i genitori è un ulteriore “rumore”. Alla fine il divorzio. Considero questo malessere una vera e propria metastasi che corrode il tessuto sociale. In tanti anni ho avuto due mila casi, per fortuna non tutti così gravi ma alcune volte si trattava di persone che sono state licenziate, che hanno interrotto le loro attività, che a causa della lunga sofferenza per il rumore hanno cambiato carattere (prima aperto e comunicativo e poi chiuso e asociale) e che hanno anche dovuto andarsene e svendere la casa perché il disagio era un fatto risaputo.

Il Covid, con i lunghi lockdown ha imposto stili di vita diversi, dalla DAD allo smartworking, che in parte si manterranno nel tempo. Come si traduce tutto ciò a livello acustico e quali effetti potrà avere nel tempo?

Con le persone che passano più tempo in casa sono aumentati coloro che disturbano e di conseguenza i disturbati. Il fatto che gli appartamenti di recente si siano attrezzati per difendersi dal rumore che viene da fuori certo non aiuta. Il Superbonus stesso è sicuramente un'opportunità, con anche un piccolo difetto: il cappotto termico attraverso muri e finestre migliori isola acusticamente ma, il rumore del vicino (che è lo stesso di prima), ora risalta su quello proveniente da fuori. Un suggerimento che do agli Acustici durante i corsi, quando vanno a fare sopralluoghi in casa dei disturbati è guardare bene le finestre: se si tratta di vetri pesantissimi, difficili da aprire e chiudere, doppi infissi o cose strane, significa che la persona ha fatto fare l’isolamento acustico perché non sopportava il rumore del traffico e questo alcune volte è segno di particolare intolleranza al rumore intrusivo.

Chissà quante volte la gente si chiede cosa stia succedendo al piano di sopra, quando la smetteranno ...quando rincominceranno... Intanto le ore del sonno si riducono. Come potersi difendere da questa situazione?

L'art. 844 del Codice Civile riguarda tutte le immissioni negli appartamenti (rumori, odori, polveri, calore, vibrazioni). Quelle da rumore riguardano il 90% dei casi: si parla di controversie che finiscono in tribunale, ma che non tutti possono permettersi (spese per avvocati, sopralluoghi con i tecnici del suono, ecc.). A livello amministrativo il problema può essere risolto attraverso il Comune e la ARPA (Agenzia Regionale Protezione Ambiente), oppure nel condominio se riguarda l’ascensore, la centrale termica e l’autoclave: l'amministratore in questi casi si rivolge direttamente alle ditte della manutenzione dell'impianto. Se però si tratta di un'attività commerciale come bar o ristorante aperti fino a tarda notte, in cui il rumore è dovuto alle voci dei clienti, alla musica, allo spostamento di sedie, stoviglie ecc., l'amministratore non c’entra e si finisce in una causa legale che può durare alcuni mesi o anche qualche anno. Il criterio giudiziario della “normale tollerabilità” del rumore è di non più di 3 dB oltre il “rumore di fondo” (ossia rumore dell'ambiente quando non c'è il disturbo). Normative tecniche specifiche sul rumore che entra nelle case, causato da altre persone, ancora non ce ne sono. Ora è notizia che uscirà una Norma sul rumore intrusivo nelle abitazioni UNI/ST 11844:2022 come annunciato lo scorso 28 Gennaio e la cui bozza è già stata diffusa. Ma questa normativa non aiuterà il Giudice e il suo Tecnico (CTU, Consulente Tecnico d’Ufficio) perché non indica in modo corretto né la metodologia da seguire per le misurazioni del rumore, né il criterio di valutazione della tollerabilità.

Difendersi dal rumore è un lusso! Com'è possibile rendere le procedure più accessibili?

Se fossi Ministro, nonché Legislatore e Giudice, per venire incontro a chi vive questo disagio non cambierei più che tanto le leggi sull'inquinamento acustico (art. 844 del Codice Civile) quanto il Codice di Procedura Civile per l'accertamento tecnico del disagio. Il problema è che tutti gli accertamenti giudiziari devono avvenire nel contraddittorio tra le parti, cioè con la partecipazione sia della persona disturbata sia del responsabile del rumore. Non ci rendiamo conto della stupidaggine collettiva nella quale viviamo! Per circa la metà dei casi il rumore del vicinato non è prodotto da un impianto o da un macchinario che si può accendere e spegnere facilmente bensì dalle mani (trascinamento delle sedie), dai piedi (calpestio), dalla bocca (se i vicini cantano, litigano, parlano concitatamente). E in questi casi avviene che, quando finalmente il Consulente Tecnico del Giudice fa il suo sopralluogo, nessuno più cammina con passo da soldato, sbatte i tacchi, trascina sedie o altro. Nessuno più litiga o ascolta musica ad alto volume perché «quando arriva il CTU il rumore non c'è più» (vecchio ritornello tra gli Acustici, di cui io sono stato l’Autore nel 1997). Diverso sarebbe in ambito Penale in cui il Sostituto Procuratore (o Pubblico Ministero) rappresenta la comunità, la cittadinanza come nel caso dei residenti che si rivoltano contro lo svolgersi di movida o di concerti Rock all'aperto: nessuno in questi casi viene avvertito con anticipo di un sopralluogo acustico o intervento di polizia. Ma nei nostri casi di controversia giudiziaria per le immissioni di rumore del vicino siamo in ambito Civile, il contenzioso riguarda due persone, due famiglie. Le due parti hanno l'obbligo/diritto di assistere alle operazioni peritali attraverso CTU: se una sola di queste si svolge senza che entrambe ne siano a conoscenza, tutto il procedimento giudiziario è annullato. Personalmente definisco questo difetto un buco nell'ordinamento ...un'espressione che agli avvocati certo non piace perché significa che il loro ruolo è inutile.

Durante i lockdown camminando all'aperto c'era un silenzio anomalo. Quali sono stati gli effetti acustici nelle abitazioni?

A un aumento della quiete urbana, con il minor traffico di veicoli e la chiusura delle attività commerciali, è corrisposto un minor “rumore di fondo” all’interno delle abitazioni e quindi la sensazione dell’aumento di quello prodotto dall’interno del condominio; inoltre, con più gente in casa, a tutte le ore, il contrasto col silenzio esterno si faceva sentire ancor di più. Sono cresciute le lamentele ma non altrettanto le cause condominiali perché la pandemia è stata ed è tuttora una batosta economica per le famiglie: tutte le cause (non solo per il rumore) sono diminuite.

Com'è possibile che il livello di sensibilità collettiva al rumore sia rimasto minimo nonostante siano ormai anni che si parla di inquinamento acustico?

Confrontandoci con gli altri paesi l'Italia è l'ultimo tra i primi: abbastanza avanzato da poter essere comparato con la Germania, US, UK, Canada, Australia poiché viviamo alla stessa maniera, usiamo gli stessi prodotti, automobili; abbiamo gli stessi criteri di istruzione, giustizia ecc. Ma siamo anche primi tra gli ultimi: il nostro modo di costruire le case è pessimo a livello di isolamento acustico. Per quanto riguarda il parametro principale, ovvero il calpestio del piano di sopra, il limite massimo prescritto dal D.P.C.M. 5/12/97 (attuativo della legge 447/95 sull'inquinamento acustico) è 63 dB, oltre il quale dovrebbe essere negata l'agibilità (..ex abitabilità). In Germania, con la DIN 4109 (Isolamento acustico nell'edilizia residenziale) perfettamente confrontabile con il nostro D.P.C.M., il limite è 54 dB: ricordiamoci che in termini energetici 9 dB in meno vuol dire metà della metà e ancora metà rispetto a noi. Le nostre case sono molto più trasmissive per quanto riguarda tutti i rumori del vicinato.

Oltre al calpestio e lo spostamento di mobili come incide il volume di TV e tecnologie sonore specie dopo una certa ora?

I limiti di dB stabiliti dall'art. 12 legge 447 del 95 consideravano un aumento non superiore a 3 dB durante gli spot televisivi. Dato che nessun magistrato interveniva, con “Assoacustici” (di cui allora ero Presidente) abbiamo fatto a nostro carico un rilievo attraverso nastro di registrazione di cui ancora si disponeva nel '96. Tutti i canali erano completamente fuori limite. Abbiamo mandato il tutto al Garante della Pubblicità che, seppure con i suoi tempi, è intervenuto. Resta che, il modello di comunicazione durante i programmi è quello di voce urlata ormai quasi sempre: un modello che viene imitato nelle situazioni di collettività con bambini che emettono suoni acutissimi (come mai in passato), conversazioni tra adulti in cui prevale chi parla più forte e interrompe (come dai talk show televisivi). E la situazione continua a peggiorare.

Più volte si è parlato di una sensibilità al rumore che non riesce a trasformarsi in fastidio condiviso come invece è avvenuto per il fumo passivo. Forse non si ritiene il rumore una patologia sufficientemente grave?

La minaccia della malattia non è poi così incisiva se solo pensiamo a quanti hanno evitato di sottoporsi al vaccino anticovid. L'odore del fumo ora lo avverte anche chi ha trascorso anni in ambienti impregnati di nicotina, mentre del rumore ci si accorge solo quando il singolo, insonne ormai da tempo, vede andare in frantumi il proprio equilibrio psicofisico, i propri impegni, le relazioni professionali, umane. Manca ancora quella sensibilità condivisa che porterebbe al rispetto reciproco come nel caso del fumo passivo. Un primo passo sarebbe quello di limitare il sonoro di televisioni, apparecchi iPad ecc., specie dove ci sono bambini che si abituano da subito a questo volume esagerato. A scuola urlano anche gli insegnanti per non parlare delle mense in cui, a causa delle superfici piastrellate, che devono essere facilmente lavabili, la riverberazione crea un frastuono incontenibile. La scuola dovrebbe essere esemplare dal punto di vista strutturale e comportamentale per imparare a comunicare e ascoltare fin da piccoli.

Dunque lo stato di pandemia, con una riduzione del rumore esterno e un aumento negli appartamenti, non ha fatto altro che acuire la conflittualità tra chi il disagio lo crea e chi lo subisce nell'ambito di uno stesso stabile, ponendo in evidenza la non praticabilità di procedure che richiedono più interventi da parte dei periti acustici. La novità è che, con le nuove tecnologie, il danneggiato stesso potrebbe effettuare rilievi acustici in modo da rendere più agevole l'introduzione di un giudizio in ambito legale. La tecnologia particolare consiste in un semplice smartphone che registra il rumore del vicino; un software lo traduce poi in un grafico che consente al Tecnico di redigere una perizia per introdurre il giudizio e ottenere la nomina del CTU che controllerà la veridicità delle prove tecniche fornite dalle parti. Gran parte dei problemi logistici (intervento del Tecnico) e temporali (col Tecnico che arriva quando il rumore “casualmente” non c'è), verrebbero così superati. L'impegno profuso dall'Ing. Campolongo in questa direzione ha già permesso di risolvere diversi problemi. ​

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A proposito di Zygmunt Bauman e la sua analisi sull'Olocausto

31/1/2022

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FotoZygmunt Bauman

La sordità di chi non vuol sentire, la cecità di chi preferisce essere ignaro di ciò che non vede o non ha visto, sono alla base di eventi che hanno segnato tragicamente la storia. L' Olocausto, attraverso la modernità di un'organizzazione senza precedenti, ha potuto disporre di infiniti collaboratori fisicamente distanti dall'obbiettivo ultimo, potenzialmente inconsapevoli di esserne parte attiva.
​Il sociologo polacco Zygmunt Bauman in "Modenità e Olocausto" sottolinea la non unicità di un evento che avrebbe riguardato unicamente gli ebrei, in quel contesto, in quel periodo... quindi irripetibile. L'olocausto non è stato una parentesi della modernità, ne è stato il prodotto secondo ciò che, attraverso l'efficienza della tecnica e della burocrazia, rappresenta un'altra faccia del progresso.
​La modernità ha scatenato l'antisemitismo attraverso il rifiuto di un inevitabile livellamento delle differenze preesistenti in una società che tendeva a uniformarsi a livello giuridico, culturale, dove la partecipazione di sempre più ebrei alla vita comune offuscava gradualmente i naturali confini del ghetto. Proprio la minaccia di una non più evidente riconoscibilità degli ebrei fu una delle cause scatenanti dell'antisemitismo moderno. Questo aspetto ricorda per certi versi l'ostilità iniziale verso i cittadini albanesi approdati in Puglia a fine anni '80: fisicamente e nei modi di fare erano come noi, parlavano già l'italiano o lo imparavano velocemente, rendendo tutto più “difficile” per chi sentiva minacciata la propria incolumità.

Il genocidio ha potuto realizzarsi attraverso le stesse componenti di efficienza burocratica e tecnica tipiche della modernità: nel genocidio moderno, sbarazzarsi dell'avversario non è di per sé uno scopo ma il mezzo per raggiungere una società perfetta, come quella di un vivaio progettato ad hoc per cui si è reso necessario l’uso dei diserbanti chimici per eliminare infestanti e parassiti. Bauman utilizza spesso questa metafora per sottolineare il concetto di distruzione legittimata dalla ricostruzione di un nuovo naturale equilibrio. Utilizza anche il termine di ingegneria sociale per definire i criteri di professionalità e competenza con cui molti specialisti, a stretto contatto con le ditte tedesche che fornivano materiali, collaboravano a realizzare i forni crematori e le camere a gas. Numerosi scienziati e studiosi furono incaricati e sovvenzionati da un regime particolarmente disponibile nei confronti della ricerca scientifica: gli esperimenti eugenetici sui deportati costituivano un'industria crudele quanto economicamente proficua. Per tutto questo occorreva una burocrazia gerarchicamente funzionale in ogni suo grado e ogni frammento: da chi organizzava la rete ferroviaria a chi conduceva treni il più possibile carichi di “merce”. Dalla manutenzione delle macchine alla gestione delle risorse sempre secondo la logica di razionalizzare i costi: un sistema moderno rispetto ai genocidi precedenti, capace di avvalersi di mezzi di comunicazione e propaganda come le radio, i telefoni, gli altoparlanti, le cineprese. Unico in quanto risultato di una cooperazione tra settori molto vasti dell'apparato militare, burocratico, oltre che dell'acquiescenza di un popolo che ha accettato di non sapere, di non vedere... non solo in Germania! Il fascismo, pur non godendo delle capacità tecnologiche, ingegneristiche dei tedeschi, né della loro efficienza amministrativa, attraverso le leggi razziali e l'indifferenza della gente comune contribuì al genocidio con le deportazioni a migliaia nei campi di sterminio.
Bauman sottolinea l'abilità dell'organizzazione nazista nel riuscire a neutralizzare la ferocia dei mezzi attraverso lo scollegamento tra le singole mansioni: chi ogni giorno timbrava buste poteva non conoscerne il contenuto. Chi in un laboratorio analizzava la singola sostanza poteva ignorarne i successivi utilizzi. Persino chi, quale ultimo anello della catena, azionava le esalazioni mortali nella camera a gas poteva non sapere poiché l'ingresso gli era negato. Senso del dovere, capacità e competenza, prevalevano sulla coscienza individuale attraverso la routine, la quotidianità; una sorta di “tranquillante morale” attraverso cui si tende a non rispondere di responsabilità indirette valorizzando altri aspetti: oggi chi collabora alla realizzazione di mine antiuomo, pur sapendo cosa sta facendo preferisce pensare che il suo settore non risente dei tempi di crisi.
La distanza dal prodotto finale è stata pilastro dell'Olocausto attraverso quella “cecità morale” di cui si servirono infiniti funzionari, addetti, specialisti, impiegati, cooperanti, che la sera tornavano a casa e abbracciavano i figli. Più grande è l'obbiettivo più persone ci lavorano. Più sofisticati sono i mezzi più distante è il prodotto finale...come trattandosi di “guerre intelligenti” in cui, con poche gesta, si annientano grosse fette di umanità senza dare risalto a particolari sentimenti di ostilità e cattiveria: la pur tragica “notte dei lunghi coltelli”, fu un fallimento per i nazisti: in pochi, se solo si pensa alle dimensioni del genocidio, furono disposti a usare direttamente violenza contro il negoziante, contro il professionista cui ci si rivolgeva abitualmente.
La gente rifiutò l'uso aperto della violenza antiebraica mentre ne approvò la legislazione: da qui l'applicazione di uno sterminio di massa cui si riuscì a far partecipi gli ebrei stessi attraverso la stratificazione sociale interna ai ghetti: i Juden Räte (consigli ebraici) costituivano per i nazisti la prima fonte di reclutamento. Attraverso il ricatto della sopravvivenza la grande organizzazione si avvalse delle sue stesse vittime.
Nuovi regimi a seguito dell'Olocausto, servendosi di una moderna organizzazione, sono riusciti ad annientare in quantità persone ritenute scomode mentre i loro connazionali conducevano una vita normale. Attraverso gli attuali sistemi bellici i civili continuano a morire solo per il fatto di trovarsi sul luogo. La modernità non è solo progresso e benessere. L'analisi di Bauman rimane esplicativa e anche allertante in una società che, giustamente, tende alla continua modernizzazione.

​Silvia Zambrini 


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Auguri da FANA per un quieto e soddisfacente 2022

31/12/2021

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