Che bello andare in treno guardando fuori dal finestrino, seduti comodamente (cosa che ormai viaggiando in aereo ci si è dimenticati). Il paesaggio merita perché la ferrovia taglia la campagna, i boschi, affianca villaggi ancora circoscritti. Un peccato non godersi queste parentesi per via di telefonate invasive e sonerie insistenti. Se in Inghilterra, come anche in Svezia e altri paesi nordeuropei, ci sono i vagoni in cui non si può parlare a voce alta ed è imposta la soneria silenziata, perché non farli anche in l'Italia? Dove peraltro Il treno continua a essere un mezzo di trasporto per i pendolari? Per i quali questo intervallo significa recupero del proprio tempo attraverso il lavoro telematico, il riposo e la lettura? Qualcuno, quando qui se ne è parlato, diceva che queste aree sono discriminanti. Ma ascoltare fatti che non ci riguardano e musichette risonanti non è forse discriminante, oltre che fastidioso? Battiamoci per i vagoni FANA anche in Italia
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E' il caso di Maurizio Pollini, pianista recentemente scomparso: chi ha frequentato il mondo musicale negli anni '70 può testimoniarlo perché lui, bravura a parte, come altri artisti della sua generazione ha rappresentato un periodo culturalmente particolare: con la generosità di concerti non più solo nei luoghi tradizionali. Con le prime assolute, l'apertura a compositori che si presentavano al pubblico suscitando reazioni contrastanti (come fu per John Cage al Teatro Lirico di Milano nel dicembre '77). Eppure non era solo la curiosità verso il nuovo ad attirare il pubblico. Non che chi ha studiato musica dopo gli anni '80 sia meno colto. Al contrario, i percorsi di studio si sono via via arricchiti di materie teoriche. Ma certi artisti rappresentano ancora un concetto di musica integro, per certi versi supremo: fino a circa gli anni '80, anche per chi era cresciuto ascoltando canzonette, la musica classica restava un mondo cui avvicinarsi, dal quale imparare indipendentemente da gusti e abitudini. Attualmente i concertisti parlano al pubblico spiegando i brani. Allora il messaggio arrivava attraverso la musica stessa e l'interpretazione: come se il pubblico non avesse bisogno di essere istruito ma che gli fosse offerta l'occasione di ascoltare. I concerti tenuti da Pollini nelle fabbriche erano stati messaggi politici ma anche momenti di grande emozione per i presenti. Ancora non si avvertivano gli effetti della diffusione di musica amplificata dentro stazioni, bar, ecc., iniziata negli anni '80 con la liberalizzazione di emittenti private per lo più commerciali. L'ascolto musicale dal vivo costituiva un'esperienza soprattutto per i giovani i quali, ancora liberi da dipendenze tecnologiche, si approcciavano a quel mondo per molti distante (specie per quanto riguarda la musica contemporanea) ma che imponeva attenzione, desiderio di confronto con gli interpreti, gli autori: una fase di vivacità culturale che alcuni musicisti hanno saputo cogliere attivamente. Senza per questo fare distinzione tra un pubblico e un altro come quando Pollini, nel dicembre '72, prima di iniziare un concerto in sala Verdi a Milano avrebbe voluto leggere un comunicato di solidarietà con il popolo vietnamita martoriato dai bombardamenti americani. Il pubblico della Società del Quartetto, non particolarmente giovane e mentalmente aperto, si irritò per quel “fuori onda” al punto che il concerto venne sospeso. Poi, nel giro di una decina d'anni interesse e rispetto condiviso verso ciò che non si conosce sono stati sopraffatti da uno scadimento complessivo di contenuti radiotelevisivi finalizzati ad accattivare il committente attraverso il gossip, la cronaca nera, programmi a sfondo sessista. Cui i personaggi pubblici in parte si sono adattati partecipando a trasmissioni televisive di ogni tipo. Una tendenza continuata nel tempo e rafforzatasi con l'avvento dei social media. Dalla quale deriva in parte l'attuale disinteresse, o addirittura disprezzo, verso ciò che non si conosce. Nel suo intervento a inizio dicembre 2011 presso lo spazio PalaSharp di Milano, per un incontro organizzato da un gruppo di opposizione all'allora governo in carica, Pollini esprimeva la sua preoccupazione per un degrado morale, culturale, del quale esponenti della politica erano i primi a non provare disagio (se non a farne un punto di forza). Il suo “simpatico” imbarazzo nel trovarsi in una situazione insolita confermava quel connubio di riservatezza e impegno civile che ha contraddistinto certi artisti; anche quando il mondo della cultura si andava trasformando sulla scia di modelli comunicativi uniformanti. Se, nonostante la distrazione sociale indotta dal marasma fonico, la musica dei grandi autori e interpreti rimane una risorsa, è grazie anche a questi artisti: che pur avendo studiato quando ancora si sentivano i passi dell'uomo, e il vociare in strada, hanno saputo sfruttare il lato migliore delle tecnologie lasciando un ricco patrimonio di registrazioni. Che hanno attraversato le epoche estraniandosi dal contesto mediatico che riempie i palinsesti (pur denunciandone i sintomi). Restando sensibili ai problemi reali che affliggono la gente: il prossimo recital di Maurizio Pollini doveva svolgersi a sostegno del popolo ucraino. Il risparmio energetico é un bene di “pubblica utilità” perché riduce l’inquinamento ambientale, la dipendenza dall’estero dell’energia, i costi di gestione degli edifici. Corte di Cassazione – Ordinanza 26 novembre 2020, n. 27035 Un mondo più pulito tutti lo vorrebbero, anche quelli che fanno un uso smodato di automobili, impianti di riscaldamento, condizionamento ecc. La transizione ecologica degli edifici è strategica perché questi concorrono alle emissioni nocive per circa il 45% del totale. Ma è anche molto costosa. É infatti stata stimata la spesa di 500 miliardi l'anno per passare all'utilizzo di energie rinnovabili. E ci vorranno vent'anni. La transizione ecologica, di cui si parla come fatto nuovo, in realtà è già in corso da tempo: gli edifici costruiti dopo il 2006 sono obbligatoriamente NZEB, ovvero devono essere in classe energetica A++. Ma la maggior parte in Italia rimane in classe F/G con un consumo di energie da 10 a 30 volte maggiore rispetto a un edificio nuovo. Completare questo processo senza alcun intervento dello Stato imporrerebbe ai singoli un costo insostenibile: per chi ha più di cinquant'anni i tempi di ammortamento non compenserebbero il sacrificio nonostante la riduzione delle spese di riscaldamento. L'educazione al risparmio energetico attraverso comportamenti più consapevoli non è sufficiente specie in regioni come la Lombardia (densità di popolazione, inverni rigidi ecc.). Da soli si può usare di meno la macchina, contenere i consumi di gas ed elettricità ma non è questo che fa la differenza: tutti hanno bisogno di una casa dove abitare, di scuole per i figli, ospedali in caso di necessità. Per mangiare occorre che i campi vengano coltivati. La transizione ecologica impone ai coltivatori l'utilizzo di tecniche e materiali ecosostenibili. Ed ecco che i trattori scendono in strada per protestare contro un adeguamento per loro troppo oneroso: un fatto di cui si è parlato relativamente poco, se non in termini di disagio per la cittadinanza. Un grosso investimento pubblico, sullo stile del piano Marshall che ha consentito di ricostruire velocemente l'Europa uscita distrutta dalla guerra, sarebbe a questo punto l'unica via: in un tempo a medio/lungo termine. Senza che le regole vengano cambiate ogni 6 mesi. Una possibilità che, a livello di sgravio fiscale, e incentivi di vario tipo, già c'è stata attraverso super bonus 100%, ma che ha anche lasciato dubbi e scontentezza. Il legislatore non aveva previsto un'altissima domanda da soddisfare entro scadenze di 1/ 2 anni quando invece i grandi cambiamenti richiedono tempi lunghi: per permettere alle industrie di costruzioni di fare ricerca, di svilupparsi aumentando la capacità produttiva, razionalizzando le procedure, migliorando i prodotti. È mancato il tempo per questo continuo divenire indotto dalla libera concorrenza di mercato. Confidare in un piano di sviluppo pubblico per rendere gli edifici meno inquinanti può sembrare un non senso in un momento in cui i fondi del PNR vengono impegnati in progetti spesso inutili in mancanza di un programma omogeneo come ridurre le emissioni nocive su tutto il territorio, da potersi realizzare nei tempi necessari. Investire nella transizione energetica riguarda tutti: ha ragione chi guida i movimenti green nel pretendere di passare dalle parole ai fatti. Le Direttive a livello europeo in tal senso non mancano ma occorre chiarire chi paga: se le famiglie e le imprese (e già si è visto che non è sostenibile). Oppure con un'emissione di bond europei con scadenza lunghissima e tassi agevolati come possibilità di finanziamento centralizzato. Sarebbe l'occasione per l'Europa di sviluppare un progetto comunitario duraturo e ambizioso. Che può rispondere alle esigenze ambientali del pianeta e della relativa economia. Onorevole Presidente Meloni, Onorevoli Capigruppo alla Camera, Vi trasmettiamo l'accorato appello di madri, figlie, fratelli di vittime sulla strada, che si rivolgono direttamente al Presidente Meloni come Capo del Governo, per la tutela di ciò che di più sacro esiste, la vita umana: https://vimeo.com/cinevanontour/codicedellastrage Vi chiediamo di sospendere l'approvazione del Nuovo Codice della strada e di incontrare le associazioni dei familiari delle vittime sulla strada per riscriverlo insieme a loro e a chi - con loro e per loro, a partire dalla società civile - si sta mobilitando per chiedere più sicurezza sulle strade. L'attuale disegno di legge all'esame del Parlamento, infatti, contiene tanti, troppi articoli che vanno manifestamente contro ogni evidenza scientifica in materia di sicurezza stradale, allentando regole e controlli su alta velocità e traffico motorizzato, restringendo i diritti e gli spazi di sicurezza per gli utenti più vulnerabili, togliendo capacità di intervento a qualsiasi amministrazione comunale e in generale non intervenendo in modo sistematico sulle cause primarie degli incidenti stradali in base ai dati Istat. Fare scelte che tutelino la vita e la sicurezza delle persone sulle strade è un dovere che va oltre le legittime scelte politiche di chi governa. Purtroppo l'attuale disegno di legge va nella direzione opposta, aggiungendo poco e togliendo molto per poter finalmente dire: basta morti in strada. Ma Voi, e Lei - Presidente - in particolare siete ancora in tempo per scrivere una storia diversa, una storia Giusta. "BASTA MORTI IN STRADA" Oggi nel mondo c'è revisionismo: anche se presenti dei fatti alle persone, si parla delle motivazioni di quei fatti. Ma i fatti sono fatti. Per me è questo il rumore di fondo. Jonathan Glazer, regista del film “La zona d'interesse". Normalmente si pensa alla colonna sonora di un film come insieme di musiche. Qui diversamente il sonoro si compone di suoni che esprimono se stessi (come il cinguettio degli uccelli) e del persistere di un rumore di fondo con l'effetto di continuo rimbombo. É così che il regista esprime la zona d'interesse, lo spazio al di qua del muro che la separa dal campo di sterminio di Auschwitz Birkenau. Dove hanno sede gli uffici delle SS, le abitazioni dei funzionari: tra queste la villa del primo comandante Rudolf Höss. Un'eco perpetuo di forni attivi e ciminiere in funzione costituisce il rumore di fondo, dal quale spiccano le voci di ordini gridati, l'abbaio di cani, colpi di sparo. A volte al continuo rimbombo si uniscono i suoni reali di parole, tonfi in piscina, spostamento di attrezzi da giardino, in un unico effetto uditivo. Con l'ascoltatore partecipe attraverso l'individuazione delle diverse provenienze. É fondamentale assistere al film in una sala cinematografica perché qui, il rimbombo angosciante, lo si avverte quasi a livello di vibrazione fisica. L'assenza di colonne sonore coprenti, cui si è di solito abituati, lascia sentire ogni minimo impatto: dallo scarto di una caramella qualche fila più avanti ai buzzer delle sonerie telefoniche peraltro silenziate: anche questa è un'esperienza! Un effetto di luce naturale, a raffigurare le lunghe giornate estive, contrasta con quella volutamente artificiale quando, di notte, una giovane partigiana polacca si avvicina clandestinamente al campo lasciando delle mele per i prigionieri: in uno sfondo sonoro meno continuo, con improvvisi sbalzi di volume. Il rimbombo di base scompare del tutto nelle scene al di fuori della zona d'interesse (come nell'ufficio di Höss interno al campo). Brevi dialoghi per lo più di futile contenuto, intervallati da momenti silenziosi, pongono in risalto l'indifferenza verso ciò che avviene poco distante. Dalle finestre della villa si vedono le torrette, i tetti dei dormitori, il comignolo del forno crematorio ma questo non induce a fermarsi; a pensare: dal comandante, il cui bisogno di riconoscimento giustifica ogni mezzo, alla moglie Edvige sempre in movimento per curare le piante, seguire i cinque figli, ricevere le amiche: tutti in quello spazio complice e al tempo stesso “protetto” da un orrore cui ognuno, a parte polacchi ed ebrei a servizio delle SS, contribuisce “banalmente” attraverso il proprio ruolo, la singola funzione. Lo stesso Höss, che aveva scelto l'applicazione di forni crematori a ciclo continuo per ottimizzarne gli esiti, poteva non aver mai assistito direttamente all'eliminazione di un ebreo. Lui è uno dei tanti che, attraverso l'organizzazione, hanno preso parte al genocidio conducendo una vita “normale”, dedita al lavoro e alla famiglia, migliorandosi economicamente. Consideriamo passiva l'apatia, ma è assolutamente attiva: chi ha finto di non guardare, di non sapere, di non vedere, è stato altrettanto colpevole. (id) La ricostruzione acustica di quello che poteva essere l'interno del lager, e ciò che si sentiva dalla villa, riflette questa ambiguità attorno al concetto di apatia: si può scegliere di non vedere ma è impossibile non sentire. Dal rimbombo di base emergevano anche le grida disperate di bambini. Per ottenere un contesto sonoro coerente Johnnie Burn, curatore del design acustico, ha dapprima registrato i suoni di fabbriche tessili, inceneritori, scarponi che marciano sul selciato, fucili d’epoca, grida umane. Successivamente ha elaborato il materiale in base alle distanze, gli effetti di riverbero, il grado di filtro su cui agivano il muro divisorio e i suoni circostanti. Nessun sottofondo musicale (a parte per una breve scena in giardino). Suoni e rumori interpretano per intero azioni che si vedono, e altre che non si vedono, proprio nel loro essere asettici: una sorta di sperimentazione acustica ad opera di Burn e della compositrice Mika Levis, interessante specie in un momento in cui l'ascolto del suono distinto svanisce nella ridondanza di musiche e informazioni diffuse. Solo nella sigla finale una scala musicale ascendente, resa drammatica dalla tonalità minore, si ripete in una melodia ossessiva: forse a descrivere la cruda realtà del campo di sterminio in contrapposizione a quella intuibile attraverso il rumore di fondo durante la pellicola. Buon ascolto e buona visione. Novità in arrivo per il Codice della strada. Lo ha annunciato il Ministro ai trasporti Matteo Salvini sottolineando che, soprattutto in quanto papà, la sicurezza in strada gli è particolarmente a cuore. I nuovi provvedimenti pongono l'accento su categorie specifiche di automobilisti per i quali è previsto il divieto assoluto di bere alcolici prima di mettersi al volante e, per i recidivi, l'obbligo dell'Alcolock che impedisce l'avvio del motore in caso di ubriachezza. Aumenta di qualche giorno la sospensione della patente e vengono decurtati altri punti per infrazioni tra cui l'eccesso di velocità: quest'ultima resta la prima causa di morti in strada oltre alla mancata precedenza e andamento indeciso. I cui i responsabili, in minima parte, risultano positivi agli alcol e droga test: più facilmente erano distratti dal cellulare o altre tecnologie. Le nuove disposizioni insistono sui rischi da guida con in mano lo smartphone. Non su quelli da vivavoce o auricolare nonostante le mani libere e buona capacità uditiva di entrambe le orecchie: non a caso, i modelli di automobili più recenti sono dotati di spie che avvertono che si è al telefono già da alcuni minuti. Nessun divieto per ciclisti e monopattinisti che avanzano in cuffia acustica con lo sguardo assente di chi è isolato coi sensi. “Zona 30” può essere vista come un'imposizione ma anche un diverso tipo di mobilità. Che fa diminuire gli incidenti gravi, riduce i rallentamenti da traffico congestionato, i rumori ansiogeni di brusche accelerazioni, frenate ecc. Chi si oppone a questo modello ne sottovaluta l'aspetto di velocità relativa che già caratterizza molte città europee dove i veicoli procedono lentamente ma continui. Non considera che, accelerare lungo la breve tratta, pur senza superare i 50 km orari, può determinare incidenti mortali. La maggior parte di questi, infatti, si verifica nei centri urbani, in prossimità degli incroci dove tutto può avvenire inavvertitamente. É curioso che gli stessi politici che annunciano “tolleranza zero” siano favorevoli a “Zona 30” solo in prossimità di scuole e ospedali (dove peraltro già ci sono insegne, dissuasori, vigili) e denuncino un uso indiscriminato e speculativo degli Autovelox. La velocità nei centri urbani è ovunque pericolosa. Qualsiasi introito nelle casse dei Comuni dovrebbe restituire sicurezza e servizi per la viabilità. Se poi ciò non avviene, se i dispositivi non sono a regola, o non adeguatamente segnalati, il problema è gestionale. Perché inserire, tra una serie di provvedimenti restrittivi, altri che limitano la possibilità di rilevare infrazione? Sulla scia di questa contraddizione personaggi dello spettacolo hanno spavaldamente dichiarato di aver collezionato decine di multe per eccesso di velocità. Senza rilevamento di infrazione dal vivo, o elettronico, il provvedimento diventa una delle tante regole farlocche specie dove, nella mentalità comune, la velocità rimane un diritto acquisito, sinonimo di lavoro, risparmio di tempo. Ma accelerare e rallentare in continuazione non fa risparmiare tempo a nessuno. In molti a Milano preferiscono pedalare (nonostante un traffico automobilistico ostile) o usare i mezzi pubblici nonostante le linee di metropolitana ancora scarse. Si continua ad associare la velocità all'incoscienza giovanile, all'alcol e alle droghe ma, per la maggior parte di chi non la controlla, e guida distrattamente, si tratta di persone di mezza età, sobrie, ...genitori e non solo. Non esistono inasprimenti di pene per tutti questi trasgressori, obbligo di dispositivi per un uso contenuto dei telefoni, delle autoradio ecc. Esistono però dei limiti da rispettare al di là di età e stili di vita. Che oltre a ridurre i morti in strada inducono a un uso dell'automobile solo se necessario. Attraverso una velocità costante, moderata: opposta alla guida aggressiva (...non per questo più veloce). Il 25 gennaio 2024 in via Gesù a Milano sono state impresse due pietre d'inciampo in memoria di Mario De Benedetti e Theresia Herz che lasciarono per sempre questa casa il 23 novembre del '43. Da Tirano quella stessa notte tentarono di espatriare assieme al figlio Lino di otto anni che si trovava sfollato con la scuola a Triuggio (tra Lecco e Milano) ma vennero arrestati al confine. Il piccolo Lino fu risparmiato assieme alla zia e alla nonna paterne (anch'esse in fuga). Anche la madre si sarebbe potuta salvare ma non volle abbandonare il marito. Lino raggiunse la Svizzera giorni dopo, accompagnato da un giovane passatore che si rifarà vivo con lui nel 2010. Da quella sera in cui, felice di riabbracciare i genitori era salito sul loro stesso treno alla stazione di Lecco, non li rivide mai più. Seguiranno per lui mesi di disorientamento e solitudine nel continuo spostamento tra campi profughi e famiglie affidatarie. Le pietre testimoniano anche quegli aspetti di inconsapevolezza dettati dall'emergenza: non c'è tempo di spiegare ai bambini fatti troppo grandi e complessi. Di incertezza degli adulti: ebrei, prigionieri politici, perseguitati di altra natura, pur consapevoli della situazione, non potevano conoscerne il livello di avanzamento: scappare stava diventando sempre più difficile. Mario De Bendetti, da medico scrupoloso, ritarda di qualche giorno la partenza per predisporre le cure necessarie ai suoi assistiti più problematici. Theresia Herz, al momento del fermo in dogana, sceglie di seguire il marito forse sottovalutando quelle che sarebbero state le conseguenze più tragiche. Che avrebbero lasciato il figlio senza entrambi i genitori. Le pietre raccontano il passato ma vivere nel terrore, dover fuggire dal proprio Paese, succede tuttora in tanti punti del mondo. Parlano di vite spezzate ma anche di comportamenti sociali che hanno fatto da sfondo: Mario De Benedetti durante le leggi razziali viene escluso dagli ospedali pubblici dove esercitava la professione. Da un giorno all'altro si ritrova nell'indifferenza di amici e colleghi che, quando lo incontrano, fingono di non conoscerlo. Le pietre racchiudono anche gli aspetti oscuri di quelle persone che specularono sulla disperazione di altri. Di comuni cittadini che denunciarono gli amici ebrei alle SS dopo aver trascorso la serata con loro. Di spie che vendettero chi si era affidato a loro. Cos'è successo esattamente quella notte in cui i De Benedetti tentarono la fuga da Tirano? Fu l'urto avvenuto accidentalmente mentre strisciavano sotto il filo elettrificato che fece risonare i sensori, o fu opera dei due passatori? Sarebbe solo uno dei tanti casi! Non potersi fidare di nessuno in un'Italia dove in tanti continuavano a vivere serenamente: anche di questo parlano le pietre e anche su questo sarebbe bene riflettere nel descrivere il fascismo come un fenomeno estinto. Sicuramente i costumi sono cambiati ma impoverimento sociale, indifferenza, opportunismo, intolleranza, sottomissione (che questo Paese ha già dimostrato di possedere) caratterizzano anche i tempi moderni. Dopo l'arresto, Mario e Theresia De Benedetti trascorsero alcuni mesi in carcere a Tirano per poi essere trasferiti in quello milanese di San Vittore ormai in mano alla Gestapo, e successivamente al centro di raccolta di Fossoli. Da qui, il 5 aprile del '44, vennero deportati ad Auschwitz senza più fare ritorno. Ora due pietre davanti a quella casa, in cui vissero alcuni anni felici assieme al figlio, testimoniano che da lì non se ne andarono ma dovettero scappare, interrompendo una vita onesta, nel rispetto degli altri e delle istituzioni. Che è poi la storia di chi rappresentano tutti questi nomi scolpiti nell'ottone. Fermiamoci ogni volta che il piede si avvicina a questi quadrati. Facciamoli notare agli altri. Non accettiamo che qualcuno li danneggi ...come purtroppo già è successo! Un giorno parleranno al posto dei testimoni. PS. Le testimonianze sono tratte da una raccolta di lettere scambiate tra le famiglie De Benedetti, Herz e relativi conoscenti, negli anni quaranta. 'Sorvolare intere vallate, laghi, paesi, raggiungere cime alpine sospesi nel vuoto, avvolti in un silenzio totale. E' anche questa una forma di mobilità leggera come pedalare, camminare. Ce ne parla Aldo Cernezzi da lungo tempo pilota di aliante, impegnato in diverse competizioni come partecipante o direttore di gara. Membro dell'Aero Club Adele Orsi sulla sponda del lago di Varese. "Volare è soprattutto un istinto che in genere matura da giovani. Nel mio caso già da bambino qualsiasi giocattolo lo concepivo come qualcosa che partiva per sollevarsi e viaggiare a mezz'aria. Più avanti ho iniziato a interessarmi all'aliante consapevole che per arrivare a pilotarne uno, da solo, occorreva seguire un iter di studio teorico e di pratica con istruttore". Abituati come siamo a volare assieme a decine di passeggeri e personale di bordo, fa un po' specie pensare a questi aviatori soli tra nuvole e falchi, per i quali non esiste un percorso prestabilito: trattandosi di un velivolo che, per sollevarsi, deve sfruttare particolari correnti di leggerezza dell'aria, il pilota deve costantemente individuare e analizzare le diverse convergenze termiche. "Percorrendo il cielo dentro una piccola cabina chiusa da una cappottina in plexiglas si ha una visuale molto ampia. I fenomeni atmosferici ravvicinati offrono effetti di luce spettacolari. Durante uno scontro tra nuvole è possibile vederne ogni frangente. Si nota che una scarica di pioggia si compone di scrosci distinti, ognuno osservabile nel corso del suo intero svolgimento. Quando in fase di discesa le vedute iniziano a delinearsi, e le case a ingrandirsi, è segno che bisogna pensare ad atterrare: ciò può anche non avvenire se si trova la termica che permette all'aliante di risollevarsi ma, in caso contrario, il pilota deve comunque avere un piano B su cui optare. Questo gioco d'anticipo impone un continuo stato di allerta ma costituisce anche il fascino di un viaggio che non è mai ripetitivo. Quando siamo in volo sappiamo già dove potremmo dover atterrare. La conoscenza del territorio la si accumula con l'esperienza ma è necessario giudicare dall'alto se quel prato è grande a sufficienza, libero da trattori, mucche, persone. Se c'è compatibilità col suo orientamento rispetto alla direzione del vento presente in quel momento; ed è a questo punto che, diversamente, si applica il piano B". Ci si chiede come siano le relazioni tra persone che condividono queste esperienze, immaginandole accomunate da stili di vita particolari e sensibilità all'ambiente anche nel quotidiano (come si dimostra per altri tipi di erranza non a motore)...ma non è proprio così. Quella dei volovelisti è una comunità piuttosto esclusiva (anche solo per il fatto di dover possedere un aliante), che segue delle regole precise ma non ovunque uguali: in Italia ad esempio non si può volare di notte e nemmeno si può entrare nelle nubi. Queste differenti legislazioni già creano una sorta di frammentazione tra volovelisti a livello internazionale. A livello individuale, alla psicologia di uno sport decisamente non di squadra, contribuisce la percezione dei diversi livelli di rischio che ognuno avverte singolarmente. “Scrivo da anni sulla rivista Volo a Vela fondata nel 1946. Che è bimestrale ma potrebbe avere una pubblicazione giornaliera poiché ci sono sempre novità da proporre circa i velivoli, nuove tecniche e regolamenti, cronache di tornei, articoli e testimonianze. La vita del volovelista richiede aggiornamento e comunicazione continui tra colleghi ma i contenuti sono prevalentemente tecnici. Il volo a vela non costituisce una forma di mobilità alternativa. Si tratta di un'attività sportivo agonistica, o, a seconda delle interpretazioni personali, di pura contemplazione. Condividere una dimensione di natura estrema quale il cielo crea di fatto una sensibilità comune ma il volo non motorizzato, come mezzo di trasporto, non c'entra. Forse un domani, attraverso il miglioramento della tecnica aerodinamica, si potrà arrivare a un sistema di trasporto aereo meno inquinante, che sfrutta le diverse correnti termiche. In questo senso, il volo a vela, che pur nella sua autonomia limitata permette di coprire miglia di chilometri, può considerarsi pioniere di una mobilità via cielo più sostenibile". |